Un ricongiungimento miracoloso
Ogni tanto succedono delle cose stupende, così rare da sembrare miracoli.
Miracoli forse non è la parola giusta, perché ci fa pensare a qualcosa voluto e caduto dall’alto. L’ incredibile episodio che vi raccontiamo, invece, è frutto della dedizione, della passione, e dell’impegno di persone reali, di professionisti disposti a fare tutto quello che è in loro potere per fare accadere l’improbabile.
Oggi vi raccontiamo la storia di Ahmed e Mohamed.
Questa storia a lieto fine ha un inizio decisamente travagliato. Ne sono protagonisti due fratelli, chiamiamoli Ahmed e Mohamed, che sono dei nomi di fantasia usati in tantissimi dei paesi dei nostri beneficiari. Ahmed e Mohamed hanno rispettivamente 16 e 12 anni, e vengono da un paese segnato dalla corruzione, dalla povertà e da molteplici forme di violenza.
I due fratelli, aiutati dalla famiglia che si auspica un futuro migliore per loro, decidono di partire per l’Europa. Parte prima il fratello maggiore, Ahmed. Il tragitto e i luoghi sono sempre quelli, deserti e grandi città, coste dove è dannatamente facile essere scoperti e arrestati. E così è stato: il piccolo Mohamed, partito qualche mese dopo di Ahmed, rimane bloccato in Libia, incarcerato in una delle terribili carceri libiche.
Ahmed intanto è arrivato in Italia. Si stabilisce in una comunità per MSNA, inizia un percorso scolastico, fa amicizia con gli altri ragazzi. E’ un ragazzo che partecipa, ordinato, sorridente, ma è anche un fratello in pena, preoccupato e stravolto dalla lontananza.
Non sappiamo quanto Mohamed sia rimasto in Libia, ma sappiamo invece che a un certo punto riesce a partire, attraversa il Mediterraneo e viene accolto in una grande struttura della Calabria. I due fratelli si sentono al telefono, finalmente, ma Ahmed è teso, la lontananza da suo fratello lo impensierisce.
Così chiede aiuto agli operatori e alle operatrici della comunità. Gli chiede ripetutamente di aiutarlo facendo trasferire il suo fratellino.
La strada per avverare il desiderio di Ahmed è lunga è tortuosa. Burocrazia, rimpalli, e distanze rendono tutto estremamente difficile. Poi però lo spiraglio.Una risposta affermativa, una speranza che si concretizza: Mohamed può partire verso il Friuli, grazie al ricongiungimento familiare, e può trasferirsi insieme a suo fratello. E’ una decisione presa in concerto dai servizi sociali di giù, della Prefettura della città dove si trovava Mohamed, e degli educatori di entrambe le comunità.
Gli educatori e le educatrici della comunità dove vive Ahmed sono testimoni della sua gioia incommensurabile nel venire a sapere la grande notizia. Il sorriso di Ahmed diventa più grande del solito, è commosso, il suo viso si distende. Mesi di preoccupazione si sollevano dal suo animo all’improvviso.
Nei giorni seguenti, Ahmed si occupa di preparare la sua stanza all’arrivo di Mohamed. La riordina, la pulisce a fondo e addirittura ne dipinge le pareti.
La decisione è presa, ma rimane il problema che tra la struttura dove è ospitato Mohamed e quella dove vive Ahmed ci sono 1000 chilometri. L’educatore che mi racconta questa storia, Giorgio, dice che lui sarebbe stato disposto anche ad andare in macchina a recuperare il piccolo Mohamed. Per fortuna, la coordinatrice della comunità del Sud decide di accompagnare Mohamed in treno fino a metà strada.
L’appuntamento è fissato, la destinazione anche. Così, un giorno nuvoloso di fine febbraio i due fratelli -accompagnati dagli operatori- partono alla volta di Firenze. E’ arrivato finalmente il giorno tanto atteso. Mentre Mohamed è in treno, Ahmed e Giorgio viaggiano in macchina.
Le emozioni sono tante, per entrambi. Giorgio ci racconta che Ahmed era a tratti teso, a tratti euforico, ma soprattutto molto impaziente. I minuti di attesa alla stazione faticano a passare. E poi finalmente, tra i viaggiatori spunta un ragazzino.
Giorgio ha visto tanti ragazzi, che di solito arrivano con pochi averi, addirittura possedendo solo i vestiti che hanno addosso, e magari una busta del supermercato contenente un caricabatterie e poco altro. Il piccolo Mohamed ha con sé tre valigie, si vede che hanno avuto cura di lui.
I due si vanno incontro, si abbracciano, ridono emozionati.
L’operatore scatta una foto: un ragazzo alto, con un piumino bianco e i capelli ricciolini – leggermente rasati ai lati, come va di moda-, tiene un braccio sulla spalla a un bambino con i capelli corti, con addosso una tuta. I loro sorrisi sono commoventi.
Giorgio ci racconta che il viaggio verso Udine è uno dei più belli della sua vita. “è stato come volare, dice Giorgio. Mohamed, nonostante tutto quello che ha vissuto, è ancora un bambino. E come molti bambini, è un chiacchierone, perché l’italiano lo parla benone. “Quanto manca?”, “dove siamo?”, “cos’è quello”, “e adesso quanto manca?”.
I tre si fermano in un parchetto nella periferia di Firenze, per pranzare. Una panchina da picnic diventa il palco di un lauto banchetto: Giorgio e Ahmed hanno gli avanzi della pizza del giorno prima, Mohamed ha anche lui un pranzo al sacco gustoso, un hamburger con delle patatine fritte. Mettono tutto in mezzo, in condivisione. Tra una chiacchiera e l’altra, un boccone di pizza fredda e un morso di hamburger, i tre si rifocillano, guardando dei ragazzini che giocano a basket.
I due ormai è un mese che sono tornati sotto lo stesso tetto. Ahmed è un bravo fratello maggiore. Mohamed è vivace, ha tantissime energie. E’ molto intelligente e furbo, suona il clarinetto e ama la musica. E’ stato iscritto in prima media, ha cominciato ad andare a scuola qualche settimana fa ed è stato accolto calorosamente dai compagni di classe con uno striscione colorato. Un operatore gli sta insegnando a suonare la chitarra.
E questa è la storia di come due fratelli, che hanno vissuto una separazione dolorosa e difficile, sono tornati a vivere insieme, nella stessa stanza, a crescere insieme. Questa è una storia di come la dedizione e l’impegno di operatori e operatrici dell’accoglienza, assistenti sociali, e membri delle istituzioni hanno potuto garantire il benessere di due giovani ragazzi, a cui è cambiata la vita.
Noi sappiamo che questo lieto fine sia raro. In giro si sentono tante tragedie, ingiustizie, violenze, risse, furti. E sono reali. Ma è reale anche questo. Dopo che Giorgio mi racconta la storia di Mohamed e Ahmed, io sottolineo come sia speciale e raro aver vissuto un momento così bello. Lui mi guarda, un po’ confuso, e mi dice che sì, questo è particolarmente d’impatto, ma che lui ha visto da vicino tanti lieto fine, tante belle storie, tanti bei momenti.
Così Giorgio ci ricorda che mentre nel mondo continuano ad alzarsi voci di sconforto e divisione, storie come questa di Mohamed e Ahmed, sono una luce brillante nel buio, una prova tangibile che l’amore e la solidarietà possono vincere ogni ostacolo. È anche un richiamo alla responsabilità di tutt* farci portatori di queste narrazioni di umanità per ricordare che, nonostante le sfide innegabili dell’accoglienza, solidarietà e responsabilità sono il contrario di indifferenza.
Grazie a tutti quelli che si sono impegnati per raggiungere questo lieto fine.
Grazie a Giorgio, che ha condiviso con noi questa sua preziosa esperienza.
Grazie ai compagni e alle compagne di classe per aver accolto Mohamed a braccia aperte.