Un’intervista al difensore dei Diritti Umani Harold Montúfar Handrade.
Harold Montúfar Handrade è un difensore dei diritti umani. Colombiano di Samaniego, un comune del Dipartimento di Nariño, Harold è stato uno dei coordinatori del Pacto local de Paz, un accordo tra la società civile e i gruppi armati che da decenni in questo pezzo di Colombia la fanno da padrone. Con il Pacto local de Paz, i guerriglieri e i gruppi paramilitari sono tenuti al rispetto della vita, dei diritti umani e della convivenza.
Una democrazia partecipativa con un bilancio pubblico condiviso: è stato questo l’ambizioso progetto di Harold durante gli anni del suo mandato come sindaco di Samaniego; una carica che ha scelto e poi scelto di nuovo, nonostante i numerosi tentativi di sabotaggio e le minacce di morte. Nel 2003, Harold ha fondato l’Instituto Sur Alexander Von Humboldt ISAIS, un’organizzazione con l’obiettivo di promuovere il buen vivir, la democrazia partecipativa e l’educazione giovanile, e grazie alla collaborazione con OIKOS è diventato anche uno spazio fisico – l’Espacio Educativo para la Paz y el Buen Vivir, in cui ha sede il progetto Economias Nuevas. Buen vivir, pace e legame con la terra di origine: OIKOS ha raccolto i presupposti filosofici dell’impegno politico di Harold e li ha resi progetti educativi, secondo un modello di cooperazione internazionale che parte dall’ascolto delle comunità locali e dal profondo rispetto per la loro terra e per la loro memoria storica. Sotto il segno degli ideali di pace e di educazione giovanile, è nato tra OIKOS e Harold un rapporto di profonda collaborazione, e tuttora nei progetti avviati in Colombia, OIKOS vede in lui un punto di riferimento e un caro amico.
Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo e di ascoltare la sua storia e il racconto del suo impegno politico.
Come e perché hai cominciato a batterti per i diritti umani? Quanti anni avevi?
Ho iniziato a lottare per i diritti umani quando avevo 14-15 anni. Già in quel periodo in Colombia c’erano molti gruppi armati che tentavano di appropriarsi del territorio. All’epoca ero presidente del comitato studentesco e tutti noi studenti lavoravamo per la costruzione della pace nel tessuto sociale colombiano e per ridurre le ingiustizie e le diseguaglianze nella società. In questa contesto, abbiamo cominciato a collaborare con gli agricoltori locali, con le donne, con gli indigeni, con le comunità afro-colombiane – abbiamo creato una forza piuttosto grande che si è raccolta in un movimento sociale non solo legato al municipio di Samaniego, ma all’intero Dipartimento di Nariño. E a partire da lì, abbiamo partecipato alla lotta contro le ingiustizie sociali presentando varie proposte al Governo a livello nazionale.
Quali proposte?
La prima e più importante è la desminado humanitario: la rimozione delle mine anti-persona messe nel nostro territorio dai vari gruppi armati. Inoltre avevamo richiesto informazioni sui desaparecidos, gli oppositori ai gruppi armati che sono scomparsi e di cui non avevamo più notizie. E aldilà di queste singole richieste, proponevamo un modello di società basato sul buen vivir.
Tu hai fondato il Movimento Civico Contadino nel 1987, ma al contempo sei stato direttore di pianificazione e sistemi dell’Industria di Alcolici del Nariño e direttore della Fondazione Nariño 2000, dove hai gestito due progetti con le comunità contadine e indigene. Militanza politica e impegno civile, dunque: è questo il tuo modo di declinare nella pratica i tuoi ideali di “lotta per la pace”?
Sono sempre stato “nel mio territorio”, a contatto con la natura del luogo in cui sono nato e con le sue comunità. Il mio impegno politico parte di qui: da un continuo relazionarmi con il mio territorio. Il punto di congiunzione tra l’impegno civile e la militanza politica è proprio l’armonia con la natura.
Cos’è il buen vivir?
In kichwa, la nostra lingua locale, “buen vivir” può essere tradotto con “allin kawsay“: è il rapporto diretto con la natura, una forma di radicamento delle comunità nella terra a cui appartengono. Questo legame non passa solo dalla pratica agricola o dalle forme concrete di relazione con la terra, ma è anche relazione spirituale: tramite il contatto con la terra, l’uomo può recuperare una dimensione di armonia interiore che si riverbera nel suo stare con gli altri e nella vita collettiva.
Quindi secondo te la pace è una condizione naturale?
Assolutamente sì: è generata da Madre Terra – da patchamama, come la chiamano le popolazioni andine. C’è una relazione intima tra la natura e una società pacifica. E viceversa, quando si rompe questo vincolo con la natura, le società diventano accumulatrici di beni materiali, e le diseguaglianze economiche generate da questa dinamica causano conflitti. È quindi dal rapporto con la terra e la natura che nasce l’impegno politico per la pace.
In fondo, anche i progetti di OIKOS in Colombia, come Economias Nuevas, sono progetti in vario modo legati al recupero del rapporto con la natura e con la terra. Quindi il buen vivir è anche una posizione politica?
Certo che sì. Il Buen vivir è anche una postura politica, è legato alla teoria della decrescita, alla lotta al cambiamento climatico… è la forma più sostenibile in cui l’uomo può seguitare a vivere su questa terra: convivendo con la natura.
Dopo vari tentativi di sabotaggio, nel 2004 per tre anni sei stato sindaco di Samaniego. Quali problemi sociali e politici hai dovuto affrontare da Sindaco?
Il problema principale era la presenza dei gruppi paramilitari che minacciavano il benessere delle comunità. Avevamo molti gruppi armati e le strade dei nostri paesi non erano sicuri. Allora lanciammo una proposta di pace che ha preso il nome di “pacto Local de Paz”, e una proposta politica chiamata “orçamento partecipativo”: una forma di democrazia partecipativa in cui il governo, attraverso degli incontri aperti, consulta i cittadini su cosa includere nella Legge di Bilancio Annuale, e in cui il budget economico di cui il Sindaco dispone viene allocato nelle varie opere pubbliche di comune accordo con i cittadini. In questo modo, le scelte prese dalla classe dirigente sono costantemente monitorate dalla società civile.
Per la tua esperienza come costruttore locale di pace, sei stato chiamato a lavorare per le Nazioni Unite PNUD nei programmi di attivazione economica della zona del Vulcano Galeras e con i giovani della Costa Pacifica del Nariño. Ma poi hai lasciato di nuovo il lavoro per la nuova campagna elettorale come sindaco di Samaniego nel 2011. Cosa ti ha spinto a lasciare per due volte il lavoro per rivolgerti sulla politica?
Ho sempre sentito di avere un dovere nei confronti della mia terra e nei confronti della mia comunità. Volevo dare una voce a queste persone.
Nel 2003 hai fondato l’Instituto Sur Alexander Von Humboldt ISAIS. Qual è la missione dell’organizzazione?
Proteggere l’ecosistema e la natura, generare democrazia partecipativa, incentivare l’educazione come presupposto fondamentale per la fioritura umana dei giovani. Il prossimo anno, l’Instituto compirà vent’anni! È molto importante per noi la collaborazione dell’Italia, della Regione Friuli-Venezia Giulia, di OIKOS, ed è grazie a queste collaborazioni che abbiamo potuto costruire uno spazio fisico come l’Espacio Educativo Para la Paz.
Di recente sei stato precandidato come governatore del Nariño. Accetterai questo ruolo?
L’ho già fatto: mi sono candidato come governatore di Nariño per le elezioni del prossimo anno all’interno del Pacto Historico, un’organizzazione di sette partiti politici e quattordici movimenti sociali.
Chiaramente, le posizioni del programma politico con cui concorreremo sono sempre le stesse: buen vivir, lotta per la pace, diritti umani, difesa della natura, orçamento partecipativo.
Quali sono le principali questioni socio-politiche oggi nel Dipartimento di Nariño che da governatore ti troveresti ad affrontare?
Abbaiamo tre principali problemi: il narcotraffico, in particolare della coca; il tema della diseguaglianza sociale e l’urgenza di un accordo con i gruppi armati del territorio.
Grazie per il tuo tempo.