La fase acuta dell’emergenza sanitaria dovuta a Covid-19, e il conseguente lockdown, hanno inevitabilmente avuto un impatto sulle iniziative di Oikos e dunque anche sul progetto Best (per saperne di più vai a questo link).
Eppure, anche se limitato nei movimenti e negli incontri e gravato da preoccupazioni, la “quarantena collettiva” al gruppo di lavoro del progetto Best ha portato anche un dono: la consapevolezza rafforzata di quanto sia importante accompagnare le persone nel far uscire i propri sogni dal cassetto, trovando insieme la strada giusta per irrobustirli, trasformandoli via via in progetti concreti e sostenibili.
Così, a marzo, alla vigilia dell’avvio del corso in presenza per cittadini di Paesi terzi in tema di imprenditorialità ad impatto sociale, Oikos onlus – insieme al Consorzio Friuli Innovazione e all’Università degli Studi di Udine, i due partner italiani del progetto –, si è trovata, a causa del lockdown, a dover ripensare e riprogrammare l’iniziativa di formazione perché fosse fruibile a distanza, on line.
Risultati inattesi
Il primo risultato, inatteso, è consistito nella partecipazione al corso on line di persone che in condizioni normali non avrebbero potuto raggiungere Udine, in particolare donne, principalmente africane, di altre città della regione (Trieste e Pordenone) impegnate nella cura dei propri figli.
Inattesa anche la forte coesione del gruppo classe, nonostante l’aula fosse virtuale, i corsisti, infatti, hanno condiviso le proprie idee progettuali, si sono misurati con esse, anche modificandole sulla base delle conoscenze e degli strumenti di lavoro progressivamente acquisiti durante le lezioni, questo anche grazie ai docenti dell’Università di Udine, Samuel Collino ed Egidio Palmieri, che hanno saputo rimodellare la proposta formativa.
La storia di Assetou
Per capire meglio come sono andate le cose vi raccontiamo il caso emblematico di Assetou Nonkane, donna burkinabè, che da oltre 23 anni vive a Pordenone, madre di quattro figli. «Quando ho saputo del corso – spiega – mi sono immediatamente iscritta. Ho pensato che fosse l’occasione buona per provare a mettere nero su bianco un’idea che avevo in testa, ed è stato proprio così. Insieme ai docenti, ai tutor e agli altri partecipanti ho cominciato a fare ordine tra i diversi tasselli di quell’idea, per poi ricostruirla sulla base di un vero e proprio business plan».
Assetou, anche guardando diversi documentari sul suo Paese, il Burkina Faso, si è resa conto che un prodotto importante per l’alimentazione come la patata non viene minimamente trasformato e dunque conservato. Il risultato è che nonostante la produzione sia buona, le patate vengono di fatto svendute sul mercato e successivamente, finita la stagione, per soddisfare la domanda interna vengono importate a prezzi onerosi. «Ho pensato allora – prosegue – che sarebbe interessante dar vita a un’azienda che trasformi le patate, producendo chips in sacchetto e surgelate. Non si tratta per me solo di una possibilità di guadagno in grado di farmi rientrare in Burkina Faso, ma soddisferebbe un bisogno concreto del Paese con ricadute economiche positive sul territorio. Non solo la mia azienda acquisterebbe a prezzi equi e remunerativi le patate dai contadini del luogo, ma impiegherebbe anche un certo numero di donne nella produzione, emancipandole economicamente e mettendole nelle condizioni di far studiare i propri figli. Mi trovo bene a Pordenone, siamo stati accolti e ci siamo integrati nel tessuto sociale della città, ma il mio sogno è poter rientrare a casa, contribuendo fattivamente alla crescita del Burkina Faso». La sostenibilità progettuale dell’idea di Assetou è tale che attraverso Oikos è stata presentata una domanda di partecipazione a un bando regionale di cooperazione allo sviluppo.
Il secondo corso, insieme ai minori stranieri non accompagnati
Sperimentazione nella sperimentazione, abbiamo deciso di portare il corso di imprenditorialità a impatto sociale – opportunamente ripensato e rimodellato – dentro la comunità per minori stranieri non accompagnati che Oikos gestisce a Torviscosa, «Una casa nel mondo». Anche qui i risultati – seppur completamente diversi – sono stati importanti, in primo luogo, come racconta il professor Samuel Collino (qui il racconto esteso dell’esperienza), è servito a mostrare a questi ragazzi che il loro futuro in Italia non è predeterminato, possono costruirlo anche immaginando di dar vita a un’attività imprenditoriale.
Un momento di festa
Giovedì 9 luglio abbiamo voluto vivere – insieme ai partner e al territorio – un momento di festa con la consegna dei diplomi, ma anche di incontro e confronto finalmente dal vivo dopo i lunghi mesi di riunioni on line (qui il resoconto dell’appuntamento e le foto). Ora in cantiere c’è la terza edizione del percorso di formazione che, ne siamo certi, grazie all’esperienza squisita in questi mesi sarà ancora più. Vi salutiamo mostrandovi il video