I giorni passano troppo in fretta, pubblichiamo la seconda puntata di tre del viaggio di Giovanni Tonutti e di parte dello staff di OIKOS in Colombia. Buona lettura!
[…] Le giornate successive sono un susseguirsi di emozioni e di incontri. Giornate di un’intensità vibrante e coinvolgente come raramente ho vissuto in vita mia. Harold ci introduce alla rigogliosa natura delle montagne andine in mezzo alle quali vivono storie incredibili di comunità che resistono. A farci da guida sono Harold e James (da non confondere con Jaimes, l’autista), suo amico storico con cui Harold ha condiviso gioie, dolori e preoccupazioni dell’avventura di Sindaco e di mille altre battaglie.Dall’alto campeggia la scritta “Bienvenidos en Samaniego” e tutto il resto è verde, verde, verde ma condito di mille colori. Mille colori come quelli del mercato di Samaniego, fatto con una struttura molto essenziale (fra l’altro costata non pochi pesos alle casse del Municipio) ma molto efficace. Un mercato dove i colori della frutta si mescolano agli sguardi intensi dei contadini che sono venuti sino in paese a vendere i loro prodotti. Contadini che nella notte fra le due giornate di mercato rimangono a dormire in terra, vicino alle loro bancarelle, perché nessuno sinora ha pensato di fornire loro una sistemazione più dignitosa. Il paese sarebbe ricchissimo di risorse ma è semplicemente strozzato da una guerra civile che dissangua la gente e prosciuga le casse della Pubblica Amministrazione.
Chi viene in Colombia, soprattutto se figlio dei sogni di libertà e rivoluzione di guevariana memoria, pensa che “meno male che ci sono le FARC che resistono insieme alla gente, meno male che il paese non è lasciato in mano ai paramilitari”. Ci spiegano e capiamo subito che le FARC hanno da decenni perso ogni ideologia di ispirazione rivoluzionaria e sono ormai ridotte a una forza armata che ha la sola finalità di controllare il commercio della cocaina.
Sono dei pazzi sanguinari esattamente come i paramilitari e come l’ELN (l’Esercito di Liberazione Nazionale, il braccio armato della sinistra più radicale), l’ideale per cui erano nate si è dissolto, ciò che conta sono solo il controllo dei campi di coca e la vendita del prodotto finito.
Lo capiamo da soli, prima ancora che ce lo spieghino. Lo capiamo dopo che ci vengono raccontate alcune delle gesta più recenti delle FARC: famiglie smembrate all’interno delle proprie case, padri di famiglia sterminati dall’oggi al domani senza motivo, vendette sanguinose senza dimostrare alcuna pietà per donne, anziani, bambini.
Sì la guerriglia di sinistra o gli eserciti irregolari di destra sono entrambi stati in grado di sgozzare bambini inermi, donne e di produrre il peggior tipo di atrocità alla luce del sole. Sono questi i primi racconti che ascoltiamo mentre passeggiamo per il coloratissimo mercato di Samaniego.
Ma è il giorno seguente che comprendiamo a pieno cosa significa vivere da 50 anni dentro un autentico film dell’orrore, ambientato in una terra di una bellezza paradisiaca, abitata da gente in grado di accoglierti con sorrisi incredibili e occhi scuri e pieni di speranza….. speranza nonostante tutto quello che hanno passato…… tutta la violenza vissuta che per chi è nato e vissuto lì è normalità.
Ma la violenza e i soprusi fanno male, e in queste zone la gente è capace anche di amore, di tanto amore ed è in grado di distinguere fra il bene e il male, è in grado di capire che, nonostante la normalità sia sempre stata pazzesca, c’è anche un’altra normalità fatta di pace e di amore.
Ed è proprio per la speranza di pace e di amore che il popolo Colombiano sta mettendo sul piatto dell’accordo di pace, che nei prossimi giorni si spera venga firmato a L’Avana, grosse rinunce, talmente grandi che per qualunque altro paese segnerebbero una sconfitta della democrazia.
Sì perché riconoscere agli eserciti armati lo status di partito politico e il diritto a occupare un buon numero di scranni per i prossimi tre mandati elettorali – a prescindere dai voti che riesce ad ottenere – è un grosso prezzo da pagare. È come se in Italia si decidesse di fare un accordo con la mafia consentendo a Totò Riina o ai Casalesi di sedere comodamente in Parlamento e magari guidare pure un paio di ministeri.
Da noi una rinuncia del genere segnerebbe la fine della democrazia (o di quel che resta della democrazia di matrice ellenica). Ma da noi, nella civilissima ed evoluta Italia, il patto Stato-Mafia per fortuna non è mai esistito…… o mi sbaglio? In Colombia questa rinuncia significa il possibile inizio di un sogno, perché la contropartita a tali privilegi politici è il DEPONETE LE ARMI E LASCIATE Il NARCOTRAFFICO E I CAMPI DI COCA.
Un paese senza armi è oggi ancora un sogno per i Colombiani, che a testa alta guardano al domani con ottimismo e tengono le dita incrociate…. Perché dopo decenni di violenza, oltre la grande rinuncia, oltre una giustizia che forse non arriverà mai, i Colombiani vedono splendere il fratello Quechua, il grande arcobaleno della pace. La Pace che le forze in campo stanno in questi giorni firmando a l’Avana.
Senza giustizia? Si senza giustizia…. Ce lo spiegano le numerose associazioni che incontriamo il giorno seguente in un contesto di una bellezza paradisiaca, con una vegetazione verdissima, una natura selvaggia ma comunque piegata alle sapienti mani dei coltivatori di caffè……. Ma non c’è solo il caffè sui ripidi pendii verdi delle montagne che ci sovrastano. Gli appezzamenti più scuri sono piantagioni di caffè – ci spiegano – quelli più chiari sono piantagioni di coca…… ebbene sì eccola lì la coca, spesso coltivata da chi ha sempre e solo coltivato coca o da chi, pur volendosi convertire ad altro tipo di colture viene costretto con la forza e con le armi a coltivare la pianta dalle foglioline magiche.
La parola passa alle associazioni che lavorano nel sociale, con le famiglie, con i contadini, con i più deboli, con le comunità indigene, con le vittime …. Con le vittime???????? Sì le associazioni delle vittime di violenza qui sono una realtà diffusa e consolidata, perché diffusa e consolidata è da decenni la violenza inaudita contro gente inerme. Ci raccontano di famiglie massacrate, di bambini che hanno visto il martirio dei loro genitori, di grandi uomini in mimetica senza il minimo scrupolo, di una pace che forse fra poco arriverà, grazie ad una colomba che viaggerà, si spera presto, da L’Avana a Bogotà. E torna ancora a tenere banco il prezzo che il popolo colombiano deve pagare a chi oggi lucra sulla pelle della povera gente per vendere la cocaina, la stessa cocaina che poi viene pippata nei palazzi della gente bene delle maggiori metropoli del mondo, comprese quelle italiane, della stessa cocaina di cui si trovano sempre più tracce nei Navigli che solcano i canali della nuova Milano post Expò.
Il prezzo è anche non sapere chi sta trattando a l’Avana per conto delle vittime. Chi sta tutelando gli interessi di chi si è visto la famiglia falcidiata e massacrata senza motivo? Questa gente avrà mai giustizia? Pare la questione sia secondaria, in netto subordine rispetto alle richieste di accreditamento delle FARC a farsi riconoscere partito politico, dietro le richieste degli Stati Uniti a vedere tutelate le proprie postazioni petrolifere del Nord della Colombia, dietro le richieste dei trafficanti di oro, minerale di cui la Colombia abbonda, dietro le richieste di chi, dopo decenni di brutalità, pretende l’amnistia e la piena riabilitazione, dietro una serie innumerevole di richieste che nulla hanno a che fare con la parola Giustizia……. Richieste che, se soddisfatte, il popolo colombiano spera possano portare alla pace.