Per quest’anno è terminata “l’estate 2014 a Kinta” che ci ha lasciato numerosi ricordi. Momenti importanti di lavoro, di scambio e di relazione tra gli amici della pediatria, i volontari venuti dall’Italia e le donne del villaggio di Kinta.
I temporali, il freddo del mattino e della sera qualche piaga e ferita non hanno scoraggiato lo spirito di questo gruppo.
Il fatto di ritrovarsi a mangiare tutti insieme durante i pasti e durante i pomeriggi gustando le patate dolci, le manioche cotte, il fatto di studiare qualche lezione di inglese, di italiano e di francese e di giocare anche le sere facendo dei giochi di conoscenza e di cultura generale, ci ha tutti colpiti profondamente.
La preziosa presenza dei volontari dell’Italia che sono rimasti con noi a Kinta, ha aiutato questi giovani a vivere insieme dei momenti di divertimento, di lavoro e di riflessioni.
Trattando per esempio all’inizio di questi giorni la parola del ricco e del povero, condivido con voi alcune risposte date da questi giovani rispondendo a delle domande poste loro sulla vita e sulla motivazione che gli aveva spinti a venire a Kinta.
“Sono venuto a Kinta per lavorare e rendere servizio alla pediatria. Nella mia vita le cose più importanti sono: vivere in famiglia, avere un lavoro ed essere comprensivo” (Anicet).
“Non voglio essere nella mia vita come l’uomo ricco che era egoista. La pediatria mi aiuta in tutti i servizi come la scuola, l’alimentazione, l’igiene, la ricerca degli abiti e a vedere le cose che non ho mai visto” (Jacob).
“Sono venuto a Kinta per imparare molte cose: il rivestimento, la falegnameria, la meccanica, l’agricoltura. La pediatria è come una madre e un padre per me e ringrazio molto Padre Hugo, i volontari che ci sostengono in tutti i momenti. Grazie e gloria a Dio” (Patrick).
“Sono sempre felice nella mia vita. Voglio diventare un dirigente dopo i miei studi. A scuola ci vado, sapendo che preparo il mio avvenire. Grazie ai miei studi, sono una persona aperta nella mia vita. La pediatria è una benedizione di Dio per me, perché rappresenta mia madre e mio padre quindi in breve lei è la mia famiglia” (Rabbi).