Siamo giunti alla terza e ultima puntata del racconto di Giovanni Tonutti sul viaggio in Colombia assieme allo staff di OIKOS Onlus. Buona lettura!
Le diverse associazioni presenti ai numerosi incontri che in questi giorni frenetici a Samaniego riusciamo a conoscere ci spiegano che la pace non sanno bene cosa sia, ma che sperano tanto di poterla fra poco accarezzare, anche se i meglio informati ci spiegano che sta iniziando l’”epoca post conflitto” che dovrebbe durare fra i 15 e i 20 anni.
Gli occhi di Ferdinando si spalancano, “sì Ferdinando, fra i 15 e i 20, che forse saranno ancora più duri e violenti degli ultimi 20 anni di guerra – stando a quanto stimano alcuni illustri intellettuali colombiani – ma il popolo colombiano e le popolazioni indigene delle Ande se la sono già messa via”. Sarà dura ancora per molto tempo, ma almeno si può forse cominciare a guardare al futuro con un po’ di ottimismo, seppellendo sotto terra oltre all’ascia di guerra anche la richiesta di giustizia ….
Per salvare il futuro e la dignità dei propri figli. Persone con le famiglie distrutte per mano violenta, sopravvissuti di ogni età, persone ormai sole, si alternano venendo a salutarci e a chiedere semplicemente di fare una foto insieme a loro, una foto da mostrare ai figli rimasti invalidi in seguito a uno scontro a fuoco…… queste cose dalle nostre parti succedono a Totti, a Messi, a Cristiano Ronaldo….. nel Narino ricevere la visita di 5 italiani, di una ong che per ora può solo portare speranze, impegno e formazione, dopo un viaggio di 11mila km risulta una cosa molto singolare. Siamo accolti a braccia aperte e le aspettative per il progetto che portiamo (e che loro ci chiesero) sono decisamente molto molto alte……… speriamo di esserne all’altezza.
Le giornate proseguono e, nonostante la mia pressione sanguigna mi fiacchi (l’altezza di questi posti sul livello del mare è troppo elevata per me che normalmente sono a rischio di rialzo pressorio), continuiamo a incontrare gente che ci apre le porte delle loro case, ansiosi di mostrare quanto hanno da dare. Incontriamo caffeteros stretti nella morsa dei grandi compratori che decidono in modo unilaterale il prezzo di acquisto al produttore, associazioni di famiglie agricole che ci fanno assaggiare il vino di arancia e ci chiedono di non dimenticarci di loro. Saliamo sino a 3200 metri per incontrare la comunità di Santa Cruz, a due passi dal cielo, dove veniamo ospitati dopo una mattinata di confronto sul processo di pace e sulla condizione delle comunità andine, tanto ricche di natura e potenzialità, quanto isolate perché prive di strade percorribili che consentano ai campesinos di poter vendere i loro prodotti nei grandi mercati urbani.
I giorni seguenti non sono meno emozionanti, incontriamo i famosi indigeni del Sande. Sono una sparuta rappresentanza di una comunità indigena intercomunale che vive in un posto decisamente remoto in mezzo alla cordigliera andina. Per venire ad incontrarci hanno impiegato 2 ore di auto precedute da 8 ore di cammino, ma sono arrivati. No, non hanno le penne sulla testa e la faccia dipinta, non hanno la corrente elettrica dove vivono ma sono assolutamente secolarizzati. Vestono magliette, jeans e scarpe da ginnastica. Sono due uomini e una ragazza, i cui occhi sono neri e profondi. Il cellulare che le esce dalla tasca del giubbino mi fa fare subito una domanda maliziosa “come fai a caricare il telefono se vivi in un posto remoto e non avete la corrente elettrica?”. La domanda non è banale e la risposta ancora meno. “da pochi anni abbiamo installato dei pannelli solari ad uso comunitario, e quando abbiamo i cellulari scarichi li attacchiamo al pannello e li mettiamo in carica, sono a disposizione di tutta la comunità”. Tecnologia pulita e spiccato senso comunitario: SANDE – FRIULI 2-0.
Dal confronto con i rappresentanti del SANDE nasce l’idea di un nuovo progetto, uno dei compiti per casa da preparare per il prossimo anno. Gli indigeni, dimenticati dal Governo e da chiunque, da soli stanno costruendo la strada di accesso alla loro comunità, ci chiedono un mezzo che serva da ambulanza, un dispensario, una scuola media per i bambini dei 20 villaggi della comunità e …. ATTENZIONE….. un luogo di recupero spirituale, una specie di carcere, di luogo di detenzione e recupero. “Un carcere? Ma come fate a chiederci di aiutarvi a costruire un carcere?” È a questo punto che comprendiamo a pieno il valore del regime della giustizia autonoma delle comunità indigene. La Giustizia dello Stato centrale non arriva sino alle loro comunità, ne consegue che i criminali locali (ultimo esempio: un padre che aveva stuprato la figlia) girano per i villaggi impuniti e continuano a costituire un pericolo per la comunità, così come la bandiera delle FARC è libera di sventolare nel cielo del SANDE riconoscendo legittimità ai militari irregolari che continuano ad agire indisturbati. Guardo subito con freddezza alla loro determinazione nel continuare ad esercitare un proprio regime giuridico, quasi autarchico. Poi ci spiegano che proprio la loro Giustizia li ha salvati e gli ha permesso di sopravvivere, la loro Giustizia e il loro senso comunitario.
È da solo un anno che le grandi multinazionali minerarie erano pronte a sbancare il loro territorio, ricco di oro e minerali preziosi. Forti delle licenze sempre generosamente elargite dai Governi nazionali i nuovi coloni erano pronti a fare scempio del grande altipiano del Sande e pronti a creare una nuova comunità di sfollati. È stato il senso comunitario , il senso di appartenenza alla loro terra, e la loro autonomia giurisdizionale che hanno consentito alla Comunità del Sande di stoppare le concessioni e impedire trivellazioni, sfollamenti e apertura di miniere e ancora sfollamenti. Per chi viene da una terra dove l’autonomia viene sbandierata a destra e sinistra e negli ultimi anni si è spesso ridotta a pretesto per far parlare friulano nelle scuole, capire la portata di questa forma di resistenza non è cosa facile…… ma piano piano ci arriviamo anche noi.
Il desminado umanitario. Ma che roba è? Desminado? Cosa significa? Significa che molte zone andine sono cosparse di mine antiuomo (solitamente prodotte in provincia di Brescia – nella civilissima Italia che produce). Il desminado umanitario è una proposta, che viene dal basso, di ottenere che gli eserciti irregolari che hanno piazzato le mine provvedano allo sminamento e alla riabilitazione delle terre a rischio. L’idea sembra semplice, lo è , è semplicemente geniale, ed è anche per questo che deve essere presa in seria considerazione nell’ambito del processo di pace in firma a Cuba. Lo chiedono gli indigeni, lo chiedono i caffeteros, lo chiedono i cocaleros, lo chiedono le migliaia di sfollati (desplazados) che hanno dovuto abbandonare le loro dimore, lo chiede il popolo colombiano che vuole la pace.
È un viaggio che io, Chiara, Tiziana, Laura e Ferdinando non dimenticheremo facilmente. Ci resteranno sempre nel cuore le persone incontrate e vorremmo rincontrarle, continueremo a lavorare con loro, continueremo a stare con loro.
Harold Wilson Montufar Andrade è stato sequestrato 6 volte, e con i suoi rapitori ha stretto accordi di pace, Harold ha pubblicamente affrontato (dialetticamente si intenda) Salvatore Mancuso – storico capo dei paramilitari e del narcotraffico, portando anch’esso a firmare atti di pace e di tregua. Harold ha fatto della sua città l’unica città di pace in Colombia per 3 anni. Harold non piace alle mafie, ai narcotrafficanti, a chi compra i voti, a chi vive sulle spalle della povera gente. Harold ora lavora nel sociale, per una Colombia migliore e noi siamo fieri di lavorare con lui, con Jaimes, con James, con Karol Estefania, con Truilljo, con Claudia, con Jobana, con tutta la sua gente.
Sempre mi rimarranno nel cuore le parole del padre di Harold, uomo di 80 anni, pieno di dignità e sobria intelligenza. “Harold è una persona che pensa, per questo deve stare nelle Istituzioni, in Colombia non abbiamo gente che pensa nelle Istituzioni e Harold è una persona che pensa”….. per questo non sta più nelle Istituzioni……
Arrivederci Harold, arrivederci Samaniego, arrivederci Narino, arrivederci Colombia……. Hermano Quechua sta portando la colomba della Pace.