
Siamo amareggiate, arrabbiate, tremendamente tristi, spaventate ma non saremo mai rassegnate. Il 25 novembre è stata la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In occasione di questa giornata, gli uomini che fanno parte del team di Oikos hanno deciso di scrivere, firmare, e pubblicare una lettera in merito.
Lettera sulle violenze contro le donne firmata dai dipendenti di Oikos
Sono giornate difficili quelle che stiamo vivendo. Siamo di fronte all’ennesimo, brutale femminicidio. A pagare questa volta una giovane donna di 22 anni, uccisa dalla mano del suo ex fidanzato e coetaneo. Si possono fare mille congetture sulle cause scatenanti un simile orrore.
OIKOS ha sempre preso parola, spesso inimicandosi parti politiche, amministrazioni e addirittura colleghi, in difesa dei diritti umani, sempre in difesa degli ultimi: i migranti in Italia, le comunità indigene in Colombia, i piccoli agricoltori senza terra in Brasile, i bambini stregone in RD Congo, le famiglie dei migranti a Udine, le migliaia di donne violate nel Kivu (ancora in RD Congo). Le donne violate appunto. Quando ci troviamo ad avere a che fare con un contesto in cui sono le donne ad essere le prime vittime di brutalità e sopraffazione il primo pensiero per un’azione progettuale di contrasto va all’educazione degli uomini, che tali abusi li producono. In uno dei nostri contesti di intervento c’è il problema delle donne violate? La prima azione da mettere in campo è una significativa attività di formazione nei confronti della locale popolazione maschile.
Le violenze nei confronti delle donne, e dei più deboli in generale, non sono però una prerogativa di alcuni paesi del sud del mondo. Le violenze fisiche e piscologiche a cui le donne sono sottoposte ci sono sempre state e continuano ad esserci nella nostra società, così considerata, “civilizzata”. Ci sono sempre state e ci sono tutt’ora, solo che sono più subdole, come un fiume carsico. 105 femminicidi sino ad ora in quest’anno. 105 vite con tutte i loro sogni, desideri, possibilità, spezzate da uomini che nascono e crescono in un liquido amniotico fatto di machismo, patriarcato e mito dell’uomo “forte”, dell’uomo che deve mostrarsi (a se stesso e al resto del mondo) sempre padrone delle proprie emozioni, sempre dominante.
Nel sud del Mondo agiamo nei confronti degli uomini, abbiamo detto, e da lì dobbiamo partire anche nella “civilissima” Italia. Siamo noi uomini che per primi dobbiamo metterci in discussione, dobbiamo riflettere e dobbiamo iniziare a essere protagonisti dei processi educativi sia nostri che delle generazioni più giovani.
Quanto successo a Giulia Cecchettin e alle altre 104 vittime (cifra purtroppo in continuo aggiornamento) è chiaramente provocato da un misto di incapacità ad accettare dei no da parte degli uomini e di un senso del possesso totalizzante nei confronti della donna. I NO CHE FANNO CRESCERE era il titolo di un libro scritto per genitori troppo permissivi che ha avuto un grande successo una ventina di anni fa. Ma se un ragazzo non riceve i suoi NO mai sarà in grado di accettare un NO dalla donna di cui è innamorato, dalla donna che sente SUA. E qui con questo SUA – chiaro retaggio di una cultura patriarcale che permea ancora la nostra società – dobbiamo introdurre la seconda grande variabile che porta a pensare che una donna possa essere di qualcuno. Si tratta di una pretesa di possesso che va oltre il materiale e purtroppo legittima il pensiero che la vita di una donna possa essere decisa dalla volontà o meno del suo compagno (o ex compagno), che la donna possa fare certe cose solo se l’uomo glielo permette. Di fatto vi è un’oggettivazione dell’altro, che porta alla totale mancanza di legame empatico e quindi “no, una donna, una fidanzata, un’amica non può laurearsi prima di me… che figura mi fa fare”, “no, non può non amarmi”, “no, non può lasciarmi”…
Siamo di fronte a un mix deflagrante fra pensiero possessivo dell’uomo nei confronti della donna e incapacità di accettare i NO a cui molti “bambini cresciuti” non sono stati educati. Siamo di fronte a un patriarcato infantile che porta brutalità, violenza e morte. Il tutto viene condito da una diffusa cultura della sopraffazione per cui il più forte, il più muscolare vincono, hanno la meglio sul più debole, sul più indifeso, sul più fragile. Una concezione quasi darwiniana dei rapporti in cui i più forti hanno sempre ragione rispetto ai più deboli in un’ottica di sopraffazione dell’altro. Sono queste le gabbie mentali e culturali da cui dobbiamo uscire.
Se vogliamo che queste atrocità si fermino dobbiamo partire da presa di consapevolezza degli uomini. Da questo cambiamento potremo cominciare a vedere l’alba di una società diversa, di una società nuova.
E un NO non è e non sarà mai un SI.
Firmato:
Giovanni Tonutti – Presidente del Consiglio Direttivo OIKOS ETS
Federico Bianchi – Componente del Consiglio Direttivo OIKOS ETS
Andrea Marin – Componente del Consiglio Direttivo OIKOS ETS
Ruben Cadau – Coordinatore Accoglienza e componente del Consiglio Direttivo OIKOS ETS
Daniele Dimita – Componente del Consiglio Direttivo OIKOS ETS
Marco Rovere – Operatore Comunità MSNA OIKOS ETS
Denis Canciani – Operatore Comunità MSNA OIKOS ETS
Francesco Brotto – Operatore CAS richiedenti Asilo Balkan Route OIKOS ETS
Manuel Castelletti – Cooperante OIKOS ETS in Colombia
Alberto Vazio – Operatore di Cucina Comunità MSNA OIKOS ETS
Luca Dorotea – Operatore CAS richiedenti Asilo Balkan Route OIKOS ETS
Vaclav Marek – Operatore CAS richiedenti Asilo Balkan Route OIKOS ETS
Igor Vogrig – Collaboratore di OIKOS ETS in Brasile
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.
Cristina Torre Cáceres
“…Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.”