Celebrare l’8 marzo – Giornata internazionale della donna – in questo complicato 2021, a un anno esatto dal primo lockdown, non può prescindere da una riflessione circa il fatto che la pandemia da Covid 19 abbia inciso – in termini economici e sociali – nella vita delle donne più profondamente che altrove.
I dati a un anno dalla pandemia
Volete saperne di più? Sono utili le infografiche che trovate sul sito del Parlamento europeo (a questo link) che mettono in luce in particolare il legame tra precarietà occupazionale delle donne e impatto della pandemia, nonché della gravosità sulle loro vite in termini di cura familiare nei periodi di confinamento. Agghiaccianti poi i dati emersi dall’indagine «La condizione economica femminile in epoca di Covid-19» realizzata da Ipsos per WeWorld: 1 donna su 2, infatti, ha visto peggiorare la propria situazione economica negli ultimi 12 mesi (puoi approfondire a questo link).
Liberare il potenziale delle donne: il progetto Best
Eppure – soprattutto in questo momento di crisi – il potenziale creativo e rigenerativo delle donne è imprescindibile per la rinascita del nostro Paese che sarà impossibile senza colmare il divario di genere che affligge la nostra società. L’importanza di favorire la micro imprenditorialità femminile (ostacolata anche da una disparità di genere nell’accesso al credito) come strada per mettere in campo modelli di lavoro più sostenibili e in grado di liberare le risorse delle donne, è una delle vie che ci suggerisce l’esperienza maturata nell’ambito del Progetto Best – finanziato dal Programma europeo Fami – e che ha visto la realizzazione in collaborazione con Friuli Innovazione e il patrocinio dell’Università degli Studi di Udine, di tre edizioni del Corso di imprenditoria a impatto sociale.
A partecipare all’iniziativa formativa sono state sopratutto donne, aiutate anche dal fatto che il percorso si è tenuto on line a causa della pandemia, così quello che a prima vista a noi era sembrato un problema ha invece rappresentato una possibilità di conciliazione tra formazione ed esigenze di cura della propria famiglia. Il risultato? Il significativo numero di progettualità germogliate durante il corso o che si sono affinate strada facendo, una dimostrazione della straordinaria creatività dello spirito imprenditoriale femminile.
La storia di Aminata
Celebriamo dunque questo 8 marzo con la storia di una delle nostre corsiste: Aminata Bangagne (nella foto). Questo perché la sua determinazione, il suo sorriso aperto e la sua storia imprenditoriale ci sembrano non solo un’esperienza esemplare, ma soprattutto un augurio a tutte le donne.
Ventotto anni, originaria del Burkina Faso, Aminata è studentessa di Scienze dell’Educazione, fa la mediatrice culturale (occupandosi in modo particolare delle donne in gravidanza) ed è mamma di due bimbi piccoli (3 e 7 anni) i cui vivacissimi sorrisi – nota a margine – abbiamo avuto la fortuna di intercettare in video durante il corso Best.
Quando racconta di sé e dei suoi progetti Aminata mette in circolo un entusiasmo e un’allegria semplicemente contagiosi. «Da circa un anno – spiega – ho avviato un’attività di consulenza rivolta ai miei connazionali, ma anche a ivoriani e maliani. Molti migranti sognano di costruire nel proprio Paese una casa per farvi un giorno ritorno, i problemi però sono tanti, lo ha sperimentato anche la mia famiglia, le difficoltà poi al tempo del Covid, con l’impossibilità di muoversi sono aumentate in maniera significativa». Così Aminata offre, attraverso persone fidate in loco, la gestione degli immobili di proprietà posti in affitto, ma anche un servizio di intermediazione per chi vuole acquistare casa. Il bisogno intercettato dunque è reale e i risultati non si sono fatti attendere, il bacino d’utenza della sua impresa è di circa duecento persone, tanto che nell’ufficio che ha aperto a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, dà lavoro a quattro impiegate, ma anche a quattro ragazzi che si occupano degli aspetti più tecnici.
Ma cosa l’ha mossa? «Tanti desideri – spiega –, da una parte la voglia di autonomia personale mantenendo la possibilità di prendermi cura della mia famiglia, i miei genitori vivono a una certa distanza da casa mia e non ho modo di affidare ad altri i miei figli; dall’altra il desiderio di creare un ponte fra quella che dal 2004 è diventata la mia casa, il Friuli, e il mio Paese di origine, non dimentico da dove vengo. Proprio per questo ho scelto di avviare, insieme, ad alcuni amici, un’attività che possa creare sviluppo pure in Burkina Faso, se anche solo un mio giovane connazionale sarà libero di non emigrare grazie alla mia impresa allora avrò realizzato il più grande degli obiettivi».
Sostenibilità, sviluppo, innovazione, crescita e impatto sociale sono le parole chiave di questa storia di imprenditoria al femminile, non a caso ora Amina è stata inserita nel programma di incubazione d’impresa di Friuli Innovazione.